Jerda |
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| EDEN
È il 1998 quando, in Giappone, comincia ad uscire "Eden", la prima serie d’ampio respiro di Hiroki Endo, autore già rodato dalla Kodansha con un certo numero di apprezzabilissime storie brevi. Giunto ormai ad una decina di volumetti, "Eden" non ha lasciato indifferenti gli amanti dei manga e del fumetto in generale.
Spaziando dalla fantascienza alla fantapolitica, dal poliziesco al genere bellico, Endo, volumetto dopo volumetto, ha costruito un affresco imponente le cui fila probabilmente si allargheranno ulteriormente prima di ricompattarsi verso un finale ancora lontano. Endo ha attinto a piene mani da un immaginario fantascientifico ormai collaudato fermamente da autori come Katsuhiro Otomo, Masamune Shirow e l’Hideaki Anno di "Evangelion", che certamente non supera per genialità innovativa, ma fra i quali forse primeggia per rigore narrativo e capacità di sceneggiatore.
Lo spunto iniziale è lo stesso de "L’ombra dello scorpione" di Stephen King: il mondo è stato sconvolto da un’epidemia sconosciuta e di proporzioni bibliche che ne ha cambiato i rapporti di forza politico/militari; principali nuclei di potere della terra sono ora i gruppi di Nomad e Propater in lotta fra loro su più fronti. Il protagonista della storia, il giovane Elia Ballade, è il figlio Enoa Ballade uno dei più alti esponenti di Nomad, nonché re del traffico della droga in SudAmerica. La storia di Elia si sposta dal campo di battaglia, ai bordelli, al sottobosco della malavita dell’America latina intrecciandosi con le vicende di molti altri personaggi: Kenji taciturno e freddo killer/guerrigliero, Sofia geniale Hacker mezza cyborg, Helena prostituta disincantata ma dal cuore d’oro, ognuno portatore di una propria storia e di una visione del mondo formatasi nella violenza, ognuno a suo modo artefice della progressiva maturazione del giovane protagonista verso l’età adulta. Ma ciò che conta in "Eden" è soprattutto la visione d’insieme di un mondo governato dalla guerra, dal traffico di droga, dalla prostituzione e dall’istinto alla sopraffazione reciproca. Dove l’opera di Endo si distingue non è nella storia, che raramente presenta idee totalmente originali, ma nella bontà della sceneggiatura, nella profondità del testo. Endo si muove a suo agio tra generi narrativi diversi, alterna registro comico e drammatico con naturalezza, usa il flashback in maniera sorprendente, eccelle nelle sequenze d’azione come in quelle di introspezione psicologica ed è un ottimo scrittore di dialoghi. Un narratore di razza con una poetica personale che non lascia spazio a soluzioni consolatorie ed evita qualsiasi tipo di luogo comune. La sua unica pecca è forse proprio nella gratuita e compiaciuta crudeltà con la quale si diverte a fare affezionare il lettore ad un personaggio per poi massacrarlo puntualmente davanti ai suoi occhi. __________________________________
Il disegno è nello stile fortemente debitore di Otomo ed è un’altra nota lieta: preciso, pulito, particolareggiato con un ottimo taglio nelle scene d’azione. Endo è un disegnatore più di testa che di mano e può ancora migliorare molto, soprattutto nelle caratterizzazioni (se non fosse per i capelli i personaggi sarebbero tutti simili) e nell’uso dei retini ancora un po’ rozzo.
Nel complesso un fumetto sorprendente, imprevedibile nello sviluppo e per questo da attendere con ansia. Il tempo ci dirà se si tratta di un capolavoro
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