| La grande, potente, sensualissima Lilitu mesopotamica, era una diavolessa che, in compagnia della consorella Ardat-Lili e del dèmone Lilu, formava una potentissima triade. La radice comune del nome dei tre dèmoni era lil, che significava spirito, soffio, vento. Erano tutti e tre dèmoni aerei, apportatori di tempeste; Lilitu e Ardat-Lili, in particolare, sovrintendevano alle tempeste dei sensi, perché erano dèmoni femmine della lussuria. Esse colpivano durante la notte gli uomini sposati, ispirando loro violenti desideri sessuali, senza mai soddisfarli. Le due diavolesse non risparmiavano neppure i bambini, ma questi, essendo impuberi, non potevano essere fagocitati da loro, ed allora Lilitu li soffocava nel sonno, mentre Ardat-Lili li rapiva, mentre erano addormentati, e poi li divorava. Lilitu e Ardat-Lili non conoscevano il piacere dell’abbandono fisico, per questo motivo, anche se libidinosissime, erano dette vergini: non avevano mai amato, né avevano mai concepito, e le loro mammelle non avevano mai dato il latte. La loro lussuria aveva il solo scopo del godimento fine a se stesso, era quindi sterile ed esse, pur bramandolo e sollecitando l’uomo a questo scopo, non ne erano mai appagate: erano autentiche vampire del sesso. Ma, nello stesso tempo, erano anche ribelli alla condizione matrimoniale e alla procreazione, una sorta di femministe estreme ante litteram. Si potrebbe pensare che le due diavolesse fossero repellenti, viste le loro attribuzioni; invece le raffigurazioni pittoriche e scultoree hanno tramandato, attraverso i secoli, l’immagine di donne seducenti. In un altorilievo babilonese in pietra Ardat-Lili è rappresentata completamente nuda, giovane e bella, il viso seducente, i seni perfetti, il ventre sodo e rotondo, le lunghe gambe dalle cosce tornite; la ricca capigliatura è sormontata da una corona con quattro paia di corna, simbolo del più alto potere; nelle mani regge i nodi della regalità divina; ha sulla schiena un paio d’ali, testimonianza della sua entità spirituale e, anzichè piedi, possiede artigli demoniaci, che poggiano sulla schiena di due leoni accovacciati. E’ accompagnata da una coppia di civette, creature notturne come lei. Eppure, nonostante la sua natura ìnfera, si intuisce che l’artista che l’ha scolpita l’ha amata, perché nulla in lei è orrido o immondo e, a dispetto delle sue ali piumate e i suoi artigli grifagni, spira da tutta la sua figura, a distanza di migliaia di anni, il soffio dell’erotismo. Ella era certo un dèmone, ma viveva ancora in lei tutta la femminilità che nei millenni precedenti ne aveva fatto oggetto di culto. Assai diversa dalle conturbanti Lilitu e Ardat-Lili era la terribile Lamashtu, un’altra diavolessa mesopotamica, desiderosa di maternità ma sterile, la quale colpiva le sue vittime con violente febbri. Essa aveva fattezze disgustose: il suo volto era pallido, la sua testa leonina, il suo corpo era peloso, i suoi denti e le orecchie erano quelli di un asino e il membro (molto probabilmente una clitoride eccezionalmente sviluppata) simile a quello della pantera. Questo dèmone femmina ululava e ruggiva come un animale selvatico, reggendo nelle mani spire di serpenti e sbavando dalle fauci. Come se tutto ciò non bastasse, ai suoi seni nudi erano perennemente attaccati un cane nero e un maiale, i quali mordevano ferocemente i capezzoli aridi. Il diabolico spirito femmina aveva una spiccata preferenza per i bambini e le donne incinte, che faceva regolarmente abortire strappando il feto dal loro ventre: essendo sterile, era anche invidiosa delle gravidanze altrui. Nel suo vagolare non disdegnava comunque né gli uomini, né gli animali e neppure le abitazioni, dove si insediava volentieri, essendo stata a suo tempo scacciata dalla divina casa paterna, a causa della sua insopportabile malvagità. Era una diavolessa molto temuta, soprattutto perché, a causa delle precarie condizioni igieniche del tempo, faceva strage di infanti, di gravide e di puerpere. Per tenerla lontano ci si premuniva di amuleti protettivi da portare al collo o cuciti sui vestiti. Su uno di questi amuleti è stata rinvenuta una formula esorcistica contenente i sette nomi di Lamashtu: “Figlia di Anu (padre di tutti gli dèi)”, “Sorella delle divinità delle Strade”, “Clava che fende il cranio”, “Colei che provoca l’infiammazione”, “Divinità dal volto ceruleo”, “Adottata da Ishtar (era una delle sue figlie)”, “Nel nome dei grandi dèi che tu sia esorcizzata, spicca il volo con gli uccelli del cielo”.
Comunque, a dispetto dell’orrida Lamashtu, l’affascinante Lilitu babilonese doveva aver colpito l’immaginario ebraico di quattromila anni fa; infatti gli Ebrei la introdussero nella loro tradizione col nome di Lilith.
Dapprima la diedero in moglie al primo uomo, Adamo: entrambi erano stati plasmati nel fango primordiale, erano pertanto due creature uguali “Maschio e Femmina Egli li creò” Genesi 1,27. La prima compagna di Adamo non venne creata dopo di lui, e nemmeno dalla sua costola, ma nel medesimo istante e dalla stessa materia. Ma i pii esegeti ebraici ebbero quasi subito un ripensamento e, poiché questa prima donna era orgogliosa, oltre che disinibita, e non aveva propensione all’obbedienza ed alla sottomissione, la scacciarono in un luogo arido, antesignano dell’inferno, dove Lilith, perso il suo ruolo di prima donna e assunto quello di diavolessa, cominciò a sfornare dèmoni (maschi) a ritmo vertiginoso. Al neovedovo Adamo venne accoppiata la più remissiva Eva, dopo avere avuto l’accortezza di farla nascere da una costola dell’uomo, e non più plasmata dalla terra, così da toglierle per sempre l’idea di uguaglianza tra i sessi. Riflettendo su questo mito ebraico è logico chiedersi per quale motivo gli Ebrei introdussero nella loro mitologia la sostituzione di Lilith con Eva, anziché ignorare completamente la prima a beneficio della seconda. Si potrebbe allora avanzare l’ipotesi che, in origine, le tribù che abitavano il deserto e che veneravano dèi maschi (solari), entrarono in contatto con popolazioni stanziali, che invece avevano divinità lunari (femminili): il primo approccio portò forse a matrimoni misti, conservando per un breve periodo la convivenza di entrambe le divinità (infatti, non pochi sono i riferimenti lunari nella cultura semita, come il computo del tempo, per citarne uno), ma in tempi successivi, come accadde in quasi tutto il resto del mondo, gli dèi degli uomini presero il sopravvento sulle dee delle donne, che finirono la loro esistenza come diavolesse o spiriti maligni.
Edited by Aily - 7/11/2005, 14:28
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